Ma tu lo sai che sono morte 39 persone?

Il 29 maggio 1985 avevo nove anni. Quel giorno, come tanti altri tifosi juventini, non aspettavo altro che l’inizio della finale della Coppa dei Campioni, per noi quella non era una partita come le altre, era La Partita. Diverse volte la Juve aveva sfiorato quella Coppa, ma non era mai riuscita a vincerla. Confondevo le date e i personaggi storici che ci insegnavano a scuola, ma della mia squadra del cuore sapevo tutto, anche le cose accadute prima che nascessi.

Era un mercoledi, perché allora le partite della Coppa dei Campioni (oggi Champions League) , si giocavano sempre e solo di mercoledì. Accesi in anticipo il televisore di casa e mi accorsi subito che qualcosa non quadrava, ma non capivo cosa stesse succedendo. Poi, mi sembra, iniziò una edizione speciale del telegiornale, poi altra confusione, ma della partita niente, non se ne parlava proprio.

Sembrava che le tifoserie si fossero azzuffate, che i soliti hooligans inglesi, ubriaconi già famosi per le loro intemperanze, avessero combinato qualche casino. Ero arrabbiato perché a me non interessava niente dei loro litigi, volevo solo vedere la mia Juve e il mio mito Michel entrare in campo e giocare.

Ricordo le immagini della gente che correva per il campo, ricordo la polizia che picchiava a caso dei tifosi che a loro volta si picchiavano tra di loro, ricordo i calciatori che parlavano con i tifosi e ricordo che poi a un certo punto si giocò. Ricordo molto bene il rigore su tuffo di Boniek e poi il gol di Michel e che ci furono dei festeggiamenti.

Anche nel mio paese, a fine partita e ormai a notte inoltrata,  ci furono dei festeggiamenti, un timido carosello di automobili. E’ strano ma lo ricordo bene. E poi la mattina a scuola la maestra, parlando dell’accaduto, disse: “Ma cosa avevano da festeggiare quei cretini ieri sera?“. Io indispettito risposi: “Ma come cosa? Abbiamo vinto la Coppa dei Campioni.“. E la maestra: “Ma lo sai che sono morte 39 persone?“.

Non ricordo cosa risposi, spero di non aver detto niente.

“Ma lo sai che sono morte 39 persone?”. Questa frase mi ritorna spesso in mente. Questo episodio, pur non avendolo vissuto in prima persona ma solo come telespettatore mi ha segnato profondamente. E’ vero per molti anni non ci ho pensato molto, poi un giorno vidi una trasmissione di Giovanni Minoli, anche lui per me era un mito, che parlava proprio della notte dell’Heysel.

Il servizio approfondisce e spiega ciò che avvenne quella sera a Bruxelles, ma inizia e finisce con l’intervista alla madre di Franco, un ragazzo morto nel settore Z. La signora, che ogni giorno continua a portare un fiore sulla tomba del figlio, nell’intervista confessa che ancora oggi continua a vedere le partite e che quando la Juve segna esulta come se il figlio fosse ancora lì e quando la Juve perde si dispiace. Poi racconta dei suoi presentimenti nel momento in cui vide in TV cosa si stava verificando nello stadio. e del momento in cui le diedero la notizia che il figlio era una delle vittime. Sono rimasto così colpito da questa storia e dalle altre raccontate nelle stessa puntata che ogni anno, il 29 maggio, la sera mi isolo e mi riguardo tutto il servizio su Youtube. Non so perché lo faccio, è un rito triste lo so, ma lo sento come un dovere nei confronti di Franco e degli altri e l’ho fatto anche questa sera. 

Sono sicuro che ogni juventino della mia età si porti dentro qualcosa di quella storia. Sono successe tante cose da allora, ma ancora oggi quando vedo un nostro calciatore sollevare una coppa al cielo, sono felice, gioisco e sono soddisfatto, ma subito qualcuno si avvicina e mi sussurra: “Ma tu lo sai che sono morte 39 persone? Te lo ricordi vero?“. Questa cosa mi incupisce, ma poi penso a Franco e a sua madre, li vedo festeggiare insieme, sorrido con loro e mi chiedo perché tutto ciò sia successo e quale sia il senso e perché ci sia sempre qualcuno a ricordarmelo. Ma non ho ancora trovato una risposta.

+39 RIP

 

Fonti e riferimenti:

“La cruenta e spregevole «guerra di Bruxelles» per un trofeo calcistico anche troppo enfatizzato dagli addetti ai lavori, ci ha detto una sola cosa: che i barbari sono tra noi, sono i nostri fratelli, figli, amici. Lo sport che diventa il Male è come una furia dei primordi, l’urlo barbarico del nulla. Morire per una partita di football è assolutamente idiota, ingiustificabile, mostruoso. Ma l’uomo ormai corrotto dagli sloganismi sportivi, l’uomo ormai schiavo di bandiere inesistenti e di passioni perverse, l’uomo che depone i suoi desideri in bandiere rincretinenti e sponsorizzate, è un uomo? Inutile filosofeggiare o dettare moralismi su questa nottata demoniaca. Siamo tutti complici di una deformazione sentimentale e morale che ci spinge verso il baratro di un novello analfabetismo. Bruxelles non è Beirut o sì? Se un incontro pallonaro scade a questo livello mortuario e umiliante, meglio Beirut, dove almeno muoiono in contraddittorie illusioni fideistiche.”

 

4 anni ago

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